L’ultima lettera lasciata da Don Franco ripresa da “Avvenire”. L’ha dettata a Luca prima d’andarsene, martedì scorso, tre giorni prima di compiere 94 anni. Il testamento spirituale di don Franco Monterubbianesi, fondatore della Comunità di Capodarco.“Io sono colpevole – si legge -, colpevole di aver amato il prossimo, colpevole di aver pregato per tutti, colpevole di essere stato progressista o anche di più (e ride, ndr), sì sono colpevole del bene che ho voluto al mondo e agli ultimi, d’aver aiutato chi era considerato immeritevole o scansafatiche, colpevole di aver preso la parola, di non averla lasciata a quegli uomini che si credevano innocenti in una società in cui gli esclusi erano colpevoli solo di essere nati”.Non era da mezze parole o mezze verità, don Franco. Va avanti: “Chi si ricorda delle mele marce? Così vi chiamavano, invece voi avete fatto la Storia... Perché Capodarco è la Storia! Ma da colpevoli siete tornati a essere abbandonati, poveri, umili, piccoli innocenti e non siete più solo italiani, perché il Signore ci dice sempre di aprirci al Mondo”.“Non esistono colpevoli, non esistono innocenti”, ripete don Franco, come ha fatto per l’intera vita: “Ci sono gli Uomini, come genere umano, e hanno bisogno di progetti per essere vivi, hanno bisogno di creare e non di distruggere”. Al contrario, i colpevoli “sono gli ‘ignavi’, gli indifferenti e anche se a volte sono molto arrabbiato con chi non mi risponde al telefono, oggi devo perdonarlo”. Capodarco “è nata non giudicando, così deve continuare”. Continua: “Qui non abbiamo mai giudicato... Come potevo giudicare io, che ero più pazzo dei matti?”È anche a tratti amaro, don Franco, nel suo testamento spirituale: “Questa non è la prima volta che muoio, siamo morti un po' a ogni fine, ogni volta che un pezzo se ne andava”, eppure “per poi risorgere sempre, perché noi siamo i Giovani di Capodarco e allora voglio che questa sia una festa per voi e un nuovo inizio”.Detta le sue volontà, prima di salutare: “Non dovete disunirvi e non dovete star qui a litigare – fa scrivere chiaro -. Quando una mano è tesa, afferratela sempre anche voi che oggi vi sentite ultimi, che vi sentite esclusi, tenete strette le relazioni in famiglia, con i figli, con gli amici, con la Fede e alimentate sempre la Speranza. Pensate a un Noi e sarete più sereni perché costruirete qualcosa di bello”.Sorride, don Franco. “Noi tutti siamo qui e il mio amico Luca, l'Americano e amico dell'Africa, che cura il progetto con il Catholic Land Movement negli Usa a cui teniamo tanto, che mi dice che è meglio non dilungarmi (sorride ancora, ndr)”. Invece va avanti: “Fate che il vostro cuore di pietra si trasformi in un cuore di carne, guardate i poveri, i giovani, l'Africa, guardate il mondo e pensate che esistano solo uomini la cui unica colpa sarà quella di non stare insieme, di distruggere e non costruire”.La sua volontà, ancora: “Dovete lasciare una traccia di voi su questa vita, non ci abbandonate, state vicini a tutti gli uomini bravi, alle famiglie che abbiamo formato e solo così a ogni caduta risorgeremo. Gesù e Maria ci vogliono bene sempre”. Del resto, anche “io vi voglio bene, a tutti, anche quando mi avete causato molta sofferenza e ho tanti ricordi belli dalla mia famiglia”.“Alla fine, qui, in un letto, è stata durissima, però ora è tempo di andare”, dice, avvicinandosi al commiato: “Quattro anni fa avevo ho chiesto al signore altri cinque anni, ma a voi ne spettano mille e più, se sarete uniti, sinceri e come dicono i miei giovani, non vi disunite!”. Allora, “guardate tutti questi ragazzi, giovani e vecchi amici, che mi hanno fatto compagnia e pensate che sono stato arrabbiato a volte, ma sempre felice, perché questo bene è di tutti”.Ed ecco l’addio o l’arrivederci: “Ho detto abbastanza – chiude don Franco -. Però dovete chiedere ed essere degli "scocciatori" come me, capito? E bisogna partire sempre da voi giovani e raccontare tutto questo fermento. Ciao. Ciao. Ciao”